di R. Fiore

«Succede che vengono al pettine tutti i nodi della mala-politica e del malgoverno che purtroppo stanno affondando le speranze e le conquiste della cosiddetta “primavera pugliese”. La Puglia è allo sbando nei suoi settori chiave, non sembra più avere né un racconto né una missione, svanito il suo ruolo nel Mediterraneo, orfana di un chiaro progetto di sviluppo, una regione litigiosa e inconcludente su tutto. Tutta piegata ad assecondare le tarantelle e le acrobazie politiche di Michele Emiliano. Il quale appare ostaggio di se stesso, della sua bulimia di potere, della sua ritrosia a svolgere con serietà i compiti che gli elettori pugliesi gli hanno affidato, della sua passione per le manovre di Palazzo e per gli effetti speciali della politica degli annunci.
Non ho rimpianti, se non quello di aver capito troppo tardi quale fosse la vera indole umana e politica di Emiliano. Mi dispero quando vedo umiliate le migliori energie presenti in Regione e quando vedo trasformare i nostri gioielli (faccio solo l’esempio di InnovaPuglia) usati come strumenti del sotto-potere e vettori di trasformismo».
A proferire queste parole di tremenda acredine verso l’uomo e il politico Emiliano non è un pericoloso neo-fascista, ma Nichi Vendola, per giunta in una intervista recente, precisamente del marzo 2018, poco dopo le ultime elezioni politiche.
Cosa è successo in questi soli due anni, per portare Vendola a salire sul palco e fare campagna elettorale in favore di Emiliano?
Forse Michelone è cambiato, o forse ha cambiato idea l’ex presidente circa il suo successore? Nessuna delle due ipotesi, supponiamo: semplicemente Vendola ha reputato il minore dei mali un Emiliano bis, rispetto alla minaccia Fitto.
E’ stato un invito a turarsi il naso e votare ancora una volta quell’Emiliano che fino al gennaio scorso aveva sondaggi impietosi ed era considerato dai pugliesi il peggior governatore d’Italia.
E’ stata una fortuna per il centro-sinistra trovare un avversario non all’altezza, così legato al passato e così poco amato quale Fitto. Incassata la meritata e schiacciante vittoria, però, i problemi frattanto messi in freezer dal centro-sinistra pugliese restano tal quali e anzi probabilmente persino peggiori.
Difatti a vincere sono stati governatori come Emiliano e De Luca, che per il Pd non rappresentano l’innovazione e un nuovo progetto da proporre per il governo del Paese, ma sono invece simbolo di una stagione piena di limiti e di inadeguatezze.
Dicevamo che questo nuovo quinquennio di Emiliano potrebbe essere persino peggiore del precedente, poiché nella nuova maggioranza uscita dalle urne è assente la sinistra più critica ma amica, sostituita dalla lista del trasformista Massimo Cassano, che già batte cassa.
Il  palcoscenico disegnato dalla ultime elezioni regionali, sembra ancora più confacente a quella «bulimia di potere» di un Presidente rafforzato da un chiaro e netto risultato nelle urne. Quelle tarantelle e acrobazie politiche di cui parlava Vendola, rischiano oggi di aver una orchestra ancora più numerosa e spregiudicata a seguire la danza del governatore.  Proprio perché oggi, ancor più di due anni fa, non si vede quale sia il progetto di sviluppo della Puglia dopo la tremenda crisi provocata dal Covid e meno che mai la regione sembra avere un racconto o una missione, sempre per citare l’analisi vendoliana.
Prendiamo il più grosso pericolo che aleggia sul Mezzogiorno e di cui pochi a sinistra parlano: quell’autonomia richiesta dalle regioni più ricche, che in realtà è solo un nuovo rigurgito secessionista della Lega, ammantata da una nuova narrazione più moderata nel linguaggio, ma non meno pericolosa. Essa mira alla prevaricazione dei più deboli con criteri che, se dovessero passare, sarebbero una vera truffa per il Sud, che già oggi è fortemente svantaggiato in tema di investimenti e di impegno delle risorse.
Non a caso, Zaia, appena rieletto ha affermato che il primo importante obiettivo sarà quello dell’autonomia.
Questo è il reale e gigantesco pericolo Lega, ma a sinistra preferiscono parlare di rischio fascismo e altri feticci.
Anzi, chi è il nuovo pezzo da novanta del Pd che potrebbe succedere a Zingaretti?
Proprio quel Bonaccini che si è aggregato a Zaia e a Fontana per chiedere l’autonomia differenziata e nessuno nel Pd in Puglia ci sembra si sia permesso di evidenziare i pericoli che questa linea comporta…
Insomma destra o sinistra, il Sud e la Puglia hanno buoni motivi per preoccuparsi seriamente sul proprio futuro.